
Attenzione all'olio con dicitura extravergine - maggiesfarm.it
Il test invita a una maggiore attenzione nella scelta dell’olio extravergine di oliva, spingendo produttori e regolatori a rafforzare i controlli.
Un recente studio francese ha acceso un faro critico sulla qualità dell’olio extravergine di oliva offerto sul mercato, coinvolgendo ben 20 marchi tra i più noti, compresi brand riconosciuti anche in Italia come Monini, Carapelli e Lidl.
L’indagine, condotta dal mensile Que Choisir, rivela una realtà preoccupante: il 75% degli oli testati non merita l’etichetta “extravergine”, un dato che solleva interrogativi sulla sostenibilità e affidabilità di un prodotto tanto apprezzato quanto essenziale nella dieta mediterranea.
L’impatto della siccità e del cambiamento climatico sulla qualità dell’olio
Negli ultimi anni, il bacino del Mediterraneo ha subito una siccità severa e prolungata, con il biennio 2022-2023 particolarmente critico per la coltivazione delle olive. Paesi leader nella produzione, quali Spagna, Italia, Grecia, Tunisia e Marocco, hanno registrato un drastico calo nei raccolti, con la Spagna che ha addirittura dimezzato la propria produzione.
Questa contrazione della materia prima ha fatto lievitare i prezzi: nei mercati all’ingrosso spagnoli l’olio ha quasi triplicato il costo rispetto al 2022, mentre in Francia si è osservato un aumento medio del 67% sul prezzo al dettaglio.
Le condizioni climatiche avverse non hanno inciso solo sui prezzi, ma anche sulla qualità degli oli prodotti. Molti campioni analizzati, pur avendo una data di scadenza compresa tra fine 2025 e inizio 2026, hanno mostrato un rapido decadimento organolettico, evidenziando una scarsa stabilità e un invecchiamento precoce. Secondo gli esperti il peggioramento è attribuibile principalmente alla siccità e agli effetti del riscaldamento globale, che minacciano la tenuta qualitativa del cosiddetto “oro verde”.
Risultati e criticità emerse dal test Que Choisir
Il test ha valutato 20 oli extravergine, esaminando parametri chimici obbligatori come acidità, perossidi, assorbimento UV ed esteri etilici, superati da tutti i campioni senza particolari problemi. Tuttavia, l’assaggio da parte del panel di esperti ha rivelato molte debolezze: marchi come Lidl e Carrefour sono stati declassati nella categoria “olio vergine”, inferiore rispetto alla qualità extravergine promessa. Solo Monini e Carapelli hanno mantenuto la dicitura extravergine, ma con valutazioni non particolarmente lusinghiere.

Un ulteriore nodo riguarda la presenza di contaminanti chimici. Da un lato, nessuna criticità è stata riscontrata per quanto riguarda i pesticidi. Dall’altro, la presenza di plastificanti come il DEHP, noto interferente endocrino, ha influito negativamente sui giudizi per Monini, Lidl e Carrefour, definiti “mediocri”, mentre per Carapelli la situazione è stata giudicata “scarso”.
Inoltre, tracce di oli minerali sospettati di essere cancerogeni (Mosh e Moah) sono stati trovati in Monini, Carapelli e Carrefour, che hanno ottenuto solo una valutazione “media” su questo fronte. A distinguersi positivamente è stato il campione Lidl, privo di questi contaminanti.
Il miglior punteggio assoluto è stato assegnato all’olio Bellasan (Aldi), con un voto di 12 su 20 e una valutazione “media”, a indicare come nessun prodotto abbia realmente brillato nel test. Per i marchi più noti in Italia la classifica si è chiusa così: Monini 11,4/20, Carapelli 10,8/20, Primadonna Lidl 9,6/20 e Carrefour 9,3/20.
La graduatoria ha visto un massiccio declassamento per molti oli etichettati come extravergine, con diversi marchi ridotti a oli “vergini” o addirittura “lampanti”, categoria quest’ultima indicativa di una qualità troppo bassa per il consumo diretto. Tra gli oli peggiori si trovano Terra Delyssa e Cauvin, con punteggi rispettivamente di 5 e 4 su 20.